Dopo alcuni giorni di nebbia e neve
oggi il tempo è clemente. Sono andato a sciare nella speranza di trovare la
neve nelle condizioni in cui effettivamente poi l’ho trovata. Tanto freddo e
poca gente, faccio 2-3 piste per riscaldarmi e poi mi fiondo subito sul
ghiacciaio, sul punto più alto, appena sopra quota 3000 metri.
Scendo dalla parte opposta agli
impianti, nel cosiddetto “cantiere” dove non c’è nessuno, o quantomeno ci sono
davvero pochissime persone. La neve è fresca, morbida, ogni curva affondo fino
alle caviglie per poi riemergere e giù ancora dall’altra parte. La neve si
stacca, si alza, rimbalza. Cerco di disegnare curve della stessa ampiezza in
modo da lasciare impressa sul terreno una traccia univoca e inconfondibile.
Cerco i pendii più ripidi dove per forza di cose si accumula più neve e quando
curvo ne salta di più, tanto che capita che un pezzo rimbalza alto e mi finisce
sulla guancia, quasi fosse una carezza. Penso che il mio passaggio sulla neve con
quel fare armonioso gli piaccia e questa “carezza” che mi fa è un regalo, il
suo modo di contraccambiare l’affetto. Vorrei che il tempo potesse fermarsi in
quell’istante e invece la discesa mi sembra sempre troppo breve per poterla assaporare
bene, ancora, e ancora, e ancora una volta, un momento intenso di passione, di
gioia estrema, un momento magico, e ogni volta che ci penso e chiudo gli occhi
mi sembra di riviverlo, sembra tanto reale che mi attraversa un brivido di
piacere, proprio come quando sono li sul posto, un momento dove sono io da solo
nel dolce abbraccio della mia amica “natura”.
L’unica nota stonata oggi è che non
c’era il mio Pasquale ad accompagnarmi e non ha potuto godere di questo immenso
spettacolo che mi è stato regalato.
Totale
dislivello: Non è ancora attivo il
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